Sto come dico io
L’incidenza delle parole, sto come dico io
L’ormai inflazionata espressione “le parole sono importanti” include una serie di realtà che sono a prova di scienza.
Il punto è: stare bene è spesso una condizione autodeterminata, che dipende molto da come reagiamo a ciò che ci accade, ed anche da come ce lo raccontiamo. Attenzione: non significa che gli unici responsabili di ciò che ci succede siamo noi, questo è un retaggio culturale che appartiene ad una retorica che ha fatto molti danni sia da un punto di vista pedagogico sia psicologico. La famosa frase “se vuoi puoi” lascia una traccia di colpa e di fallimento in chi, nonostante tutto l’impegno, non è riuscito ad ottenere i risultati desiderati. Quindi no: non siamo gli unici responsabili dei nostri accadimenti, ma siamo i principali (ma non unici) responsabili del nostro umore, sentimenti profondi, capacità di reazione.
Torniamo quindi al nostro concetto di base: cosa significa autodeterminarsi attraverso le parole giuste?
La nostra autodeterminazione è strettamente legata alle parole che utilizziamo, non sempre in totale consapevolezza, nel corso della nostra vita nelle relazioni che intraprendiamo: scuola, casa, famiglia, social, noi stessi. Queste parole attivano nel nostro cervello specifiche aree che, a loro volta, innescano una produzione di ormoni e neurotrasmettitori che sono poi i responsabili effettivi di come ci sentiamo. In pratica “sto come dico io”.
Linguistica e psicologia giocano un duello spietato in cui la sola conoscenza non è sufficiente. Esiste una forma di precauzione che si basa sull’ascolto delle proprie parole, una selezione di parole che vogliamo ascoltare e la forza che hanno quando le “subiamo”.
Portiamo alcuni esempi per vedere come funziona:
Leggi la parola:”Pipistrello!” (o “Ragno!”, o “Serpente!”) nel tuo cervello si attiverà immediatamente una reazione di immagini, suoni, colori. Inoltre, l’utilizzo del punto esclamativo connota la parola in un contesto di urgenza. In questo caso il messaggio passa altrettanto velocemente al tronco encefalico, una porzione del nostro cervello che contiene l’amigdala. Questa è in grado di attribuire significato emotivo a informazioni e stimoli provenienti dal mondo esterno. L’amigdala, sotto lo stimolo del pericolo, invia segnali al sistema endocrino, il quale contaminerà il corpo di ormoni e neurotrasmettitori adatti alla situazione di pericolo, allarme, minaccia. Per il nostro cervello che la minaccia sia reale o presunta, non fa differenza. Quindi a seguito della parola “Pipistrello!” il nostro corpo si prepara a reagire in una delle tre azioni conseguenti: paralisi, fuga, combattimento. Tutto questo accade in un tempo record di circa 300 millisecondi, ed è registrabile in un numero non verificabile di volte al giorno. L’unica cosa che puoi realmente fare è circondarti di parole positive.
Comunque, a meno che non tu stia leggendo questo articolo con le finestre aperte in una notte estiva con un lampione fuori dalla finestra che attira i pipistrelli, si tratta di un esempio, e non vale.
L’esercizio di positività quotidiana
Come prevenire? La prevenzione anche in questo caso passa dalla conoscenza. Sapere che è possibile, utilizzare le parole giuste, facilita l’azione di circondarsi di parole conformi alle necessità del proprio benessere.
Proviamo a svolgere insieme questo esercizio, dura circa due giorni.
Nel primo giorno non dovrai mai pronunciare per una intera giornata parole negative che si insinuano nei contesti verbali sia diretti, sia in alcuni frame linguistici, cioè contesti specifici.
Le parole che censuriamo per amor di amigdala abbiamo selezionato: sbagliato, problema, difficile, paura, grave, male, paura, terrore, incubo, rubare, disturbo, noia.
A fine giornata registra il tuo umore se hai trovato difficoltà a concluderlo e se sì quanta in una scala da uno a dieci. Se vuoi andare a fondo, scrivi anche le sensazioni che ti ha lasciato svolgere questa attività.
Il giorno successivo, ovviamente vive il consiglio di evitare un linguaggio lesivo per l’umore, presta attenzione alle volte che troviamo le parole precedentemente censurate all’interno della comunicazione quotidiana: persone, media e social.
Potrebbe risultare un bombardamento (se sei arrivato fino a qui avrai notato l’aggressività del verbo appositamente scelto).
Come nel giorno precedente, annota le sensazioni che ti ha lasciato l’esperimento, il numero di volte che le parole censurate ti sono sembrate eccessive e, nel caso, come ha reagito il tuo corpo.
Se il risultato di questi due giorni ti ha soddisfatto, prova a moderare, ascoltare e filtrare il tuo linguaggio, in modo da poter tenere sotto controllo alcune reazioni.
È proprio a causa della forza delle parole che Deavocado ha scelto di utilizzare la parola “fertilità”, perché sappiamo che la positività può essere contagiosa, migliorare il nostro umore e di conseguenza stimolare il benessere.
Che cosa fare?
- Evocare un frame lo rinforza: ogni volta che nomini qualcosa lo legittimi, gli dai la forza di esistere.
- Negare un frame lo rinforza. Spieghiamolo con alcune espressioni che sono una facile sintesi del nostro quotidiano: “Non voglio rubarti altro tempo”; “Non farlo che è pericoloso”; “Non ci saranno difficoltà”; “Non preoccuparti”. Per essere chiari riportiamo il corrispettivo positivo: “Avrei bisogno del tuo tempo”; “Andrà tutto bene”; “Stai tranquillə”.
- Scrivi il tuo presente, passato e futuro con le parole giuste. Qui si apre un concreto aspetto scientifico che non possiamo sottovalutare: presente, passato e futuro non esistono. Almeno nella nostra mente. Il nostro amato cervello immagazzina solo una parte di quello che ci accade e ne ricordiamo la parte che più ci fa comodo. Per questo possiamo ridefinire il nostro percorso attraverso una selezione accurata di parole giuste.
Deavocado, la parola giusta per dire benessere.