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30/06/23 - Deavocado

La salute del pianto

Gli unici animali che hanno la capacità di piangere con un contenuto emotivo sono gli umani. Lo facciamo da un tempo così ancestrale che pare che questa nostra caratteristica abbia preceduto l’uso della parola.

Perché piangiamo?

La risposta a questa domanda invece è molto complessa e per rispondere in maniera corretta dobbiamo prendere in considerazione la psicologia evolutiva, le neuroscienze e le scienze comportamentali. Il pianto non è uguale tra le persone, ci sono forti distinguo caratterizzati da gruppi sociali, popolazioni e culture di appartenenza. Basti pensare alla differenza che molto banalmente esiste tra uomo e donna.
In linea di massima, giusto per tirare un primo punto, possiamo affermare che il pianto è un fenomeno che associamo ad una forte emozione, negativa e positivo, ad un lutto, una perdita, un profondo senso di frustrazione e impotenza. Piangiamo anche per la sopraffazione a sentimenti positivi, legati alla realizzazione, stupore e meraviglia.
Un gruppo di ricercatori in Germania, Portogallo, Serbia e Paesi Bassi hanno riportato i primi risultati di uno studio preprint (=versione preliminare di uno studio scientifico) proprio sul pianto legato alle emozioni positive. Secondo la ricerca, effettuata su 13mila persone in 40 Paesi differenti, il pianto di gioia si manifesta in quattro specifiche circostanze:

  1. Momenti di straordinario trasporto affettivo (55%)
  2. Conseguimento di un risultato importante (29%)
  3. Di fronte ad una travolgente bellezza o all’arte (8%)
  4. Legato ad un forte divertimento (3%)

Inoltre, è emerso che le donne tendono a piangere più degli uomini, si tratta di un’osservazione che vede le donne primeggiare in questo campo sin dall’infanzia, questa tendenza è più o meno ampia a seconda del Paese. Secondo uno studio recente (2011) il pianto tende ad essere più frequente in quei Paesi in cui si ha una maggiore libertà di espressione, ma in cui le norme culturali sulla differenza di genere esercitano un’influenza più evidente. Nonostante questo racconto, ancora non abbiamo risposto alla domanda perché piangiamo.

La storia

Da Ippocrate fino alla medicina Medioevale piangere era percepito come un atto legato alla purificazione della mente da eccessi umorali. Al di là della motivazione fisiologica, per cui la lacrimazione ha un effetto di difesa dell’occhio, e idratazione della cornea, piangere ha anche un effetto anestetico. All’interno delle lacrime sono state scoperte alcune sostanze come oppioidi endogeni che servono ad attutire il dolore. Contengono anche un analgesico e il suo effetto non è solo funzionale alla sofferenza dell’occhio ma vengono anche assorbite internamente.

Secondo William H. Frey, biochimico dell’Università del Minnesota, piangere rappresenta una valvola di sfogo quando il livello di stress accumulato è eccessivo. Questo è legato al fatto che piangendo si elimina l’ormone adrenocorticotropo o ACTH la cui funzione principale è quella di stimolare la secrezione di altri ormoni, in particolare i glucocorticoidi, tra cui il cortisolo.

Il pianto è stato messo in esame anche da un punto di vista evoluzionistico. Michael Trimble, neurologo dello Univeristy College London’s Institute of Neurology, identifica il pianto come un passo fondamentale nell’evoluzione umana. All’interno del suo libro “Why Humans Like To Cry” sostiene che nel momento in l’atto di piangere è divenuto un simbolo di sofferenza emotiva l’uomo abbia iniziato ad avere una auto consapevolezza, e abbia così iniziato la crescita del cervello sociale. Ci dispiace che qualcuno pianga perché riconosciamo in questo un dolore, una perdita, una sofferenza. Per questo il pianto, come azione non individuale ma condivisa all’interno di una collettività, accresce l’empatia e rende migliore il gruppo.
Purtroppo, soprattutto nella cultura machista, piangere è segno di debolezza. In realtà piangere è salute mentale.

Hai paura di piangere?

Solitamente le persone che non hanno paura di piangere sono, e di un bel pezzo, mentalmente più sane delle persone che non piangono. Questo perchè:

  • Ignorare la tristezza è controproducente. Prendere confidenza con i propri sentimenti è un aspetto fondamentale del proprio sviluppo emotivo, consente di migliorare la propria intelligenza emotiva, e questo non è certo un elemento che abbia a che fare con l’imbarazzo.
  • Il pianto stimola il rilascio di endorfine dal nostro cervello. La sensazione di libertà che segue un pianto, è un reale scarico nervoso
  • Piangere in pubblico è un atto coraggioso: significa anche che collabori alla creazione di una società più sana da un punto di vista emotivo.
  • Dai l’esempio: piangere anche di fronte agli altri significa non scappare davanti a nessun tipo di sentimento. È un segno di forza interiore, di consapevolezza.

Esiste però anche qui una soglia di allarme. Quando piangere diventa un’azione invasiva del proprio vivere quotidiano e soprattutto il fenomeno è associato a nessun particolare motivo, allora è il caso di parlarne con un medico. La depressione ha sintomi subdoli che devono sempre essere condivisi con il proprio dottore.

Anche il ciclo mestruale provoca sbalzi d’umore tali per cui possono esserci associati manifestazioni di pianto. Ma in questo caso i colpevoli sono gli ormoni, nello specifico estrogeni e progesterone. Gli ormoni causano fluttuazioni che, nei soggetti più sensibili, provocano quella che in termini medici viene definita come “disgregazione affettiva”. Deavocado Daily Support è l’integratore alimentare che aiuta a mantenere in equilibrio i tuoi livelli ormonali, inoltre grazie all’acido folico e allo zinco, collabora anche a darti una sensazione di buone vibrazioni.

Quindi.

L’uomo ha iniziato a piangere per manifestare i propri sentimenti all’interno di un gruppo sociale. Una comunicazione nata prima del linguaggio, per questo piangere è stata una tappa fondamentale nella nostra evoluzione, ancora oggi ci permette di liberarci dallo stress in eccesso e di comunicare in maniera immediata un disagio.
Saper piangere è un atto strettamente legato alla propria intelligenza emotiva e ci rende consapevoli del qui e dell’ora.

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